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Chapitre 1

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Traduction en italien (pas littérale...) de la nouvelle Adalbert Tricoptus qui m'a fait gagner le 1er prix Webstory 2018
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Version française

 

Mi chiamo Phrygane, che è il nome francese per Caddis Mosca. E un bel nome phrygane. È’meno aggressivo di nemico, più romantico di riunione, piu libero di subordinato, più cortese di cazzo, più laico di chiesa, meno pericoloso di jihad, più melodico di quadrimestrale, più semplice e più breve di precipitevolissimevolmente.

 

Phrygane è il mio nome e mi piace molto. E se aggiungiamo che appartengo all’ordine dei Trichopteri è ancora meglio dell’Ordine di Malta, della legione d’onore e di tutte queste cose che gli esseri umani hanno inventato per accarezzare il loro ego.

Ma io non ho sempre avuto il privilegio di appartenere al mondo degli insetti.

Immaginate che non molto tempo fa, il mio nome era Adalberto, mammifero umano e anche appassionato pescatore a mosca.

Era una giornata grigia, dove il cielo grigio piangeva copiosamente. Questo dolore celeste mi spinse a fare delle riflessioni filosofiche disperate tanto che non riuscii a frenare i movimenti furiosi che stampai sul mio bastone. Tutta questa frenesia non serviva a niente, allora mi sedetti sui sassi.

 

Mentre stavo bevendo senza troppa moderazione un eccellente vino rosso, stavo guardando una Caddis Mosca. La testa coraggiosamente puntata verso la parte anteriore della sua guaina di pietra mentre le gambe erano piegate dietro, la piccola larva faceva la sua strada nella pozza verso la mia posizione. Pensai che queste piccole creature non avessero le nostre preoccupazioni.

 

Il desiderio di diventare uno di questi insetti occupò un attimo i miei pensieri. Immediatamente pensato e subito fatto: non so se fu un favore del Grande Spirito, di Dio, di Madre Natura o di un’altra divinità sconosciuta. Il fatto è che mi trovai nella pelle di una Mosca Caddis.

In passato, la vita mi aveva trattato abbastanza bene, nonostante il complesso senza speranza che avevo per il mio nome. Mi sono sempre domandato perché i miei genitori scavarono nelle profondità della nostra genealogia familiare per rintracciare, in un lontano passato, questo nome che mi sembrava rimanesse obsoleto e antiquato per sempre.

 

Lavoravo in una fabbrica di mine per la guerra. Avevo il mio piccolo lavoro, la mia piccola auto, la mia casa, la mia tv, il mio ​​divano, il  mio « Smartphone »  e tutti gli  altri attributi dell’uomo moderno. Si deve aggiungere a questo, pochi amici, alcune birre al fresco da condividere e soprattutto, la pesca, tutti i sabati all’apertura della pesca. Cercavo di vivere sereno e tranquillo e me ne fregavo delle notizie del mondo e di tutte le turbolenze sociali. Volevo vivere lontano dalla miseria, dalle domande di carità, dai dittatori, dai coccodrilli delle acquasantiere; lontano dagli assassini, dalle mafie, dalla politica.

Poi, un giorno, la comunità internazionale dichiarò che era necessario uccidere le persone con un mezzo più pulito che le mine terrestri. Allora, la fabbrica chiuse e mi trovai senza lavoro. Dopo alcuni mesi di inattività ,fui impiegato come ragioniere in un porcile industriale.

Quasi tutti i fine settimana pescavo sulle rive rocciose del fiume più vicino .

 

E fu così che all’improvviso, come ho spiegato, mi ritrovai un giorno nella pelle di una Mosca Caddis.

Fu forse sorprendente per me, ma mi adattai rapidamente alla mia nuova condizione. Imparai dai miei colleghi come evitare la trota vorace e le mani dei pescatori che volevano transformare la mia persona in un anello decisivo della catena alimentare. I pescatori infatti fanno così: prendono a mani nude le giovane mosche caddis, poi le mettono su un gancio per catturare il nostro principale predatore: la trota piace infatti agli esseri umani di cui ne mangiano la carne tenera e saporita di questo pesce.

Ebbi molte volte l’opportunità di spiegare ai miei amici tricotteri le abitudini degli esseri umani. I miei compagni mi ascoltavano ogni tanto con sorpresa e spavento per alcuni, mentre altri ridevano tanto che facevano cadere le pietre o i ramoscelli che servivano da vestiti e da casa in attesa della nostra muta, delle nostre ali, della libertà del volo in solitario o in squadron e del piacere finale dell’accoppiamento. Parlando con loro mi sorprese il pensiero critico che avevo ormai provato, e che, lo ammetto, era completamente assente nella mia vita, prima della mia metamorfosi.
Così incominciai a narrare delle cattive abitudini degli esseri umani a non uccidere per mangiare, come è il caso nel resto del regno animale, ma per ragioni oscure che si chiamano potere, convinzioni religiose, ideologie, soldi, gelosia e tante altre cose. Spiegai anche l’immaginazione senza limiti, la feroce determinazione degli uomini ad addomesticare la natura a proprio vantaggio e per la loro sopravvivenza, ma anche l’incapacità della maggioranza di essi, di vedere di averla saccheggiata, ipotecando così il futuro dei loro figli.

A proposito dei figli, raccontai la propensione degli esseri umani ad avere un solo coniuge, aggiungendo come spesso dimenticavano quella regola della monogamia. Specificai che avrebbero potuto, come gli altri animali, maschi e femmine allo stesso modo, combattere fino alla morte per vincere o mantenere il loro partner. I tricotteri maschi, che come gli esseri umani tendono a pensare di più con le palle che con il loro cervello, ascoltavano con attenzione ed interesse che l’accoppiamento umano viene fatto non solo per procreare ma ad una frequenza molto più alta.

Evocai le armi, le centrali nucleari, l’inquinamento atmosferico, il riscaldamento globale e anche i rifiuti: vetro, plastica, metallo e mozziconi di sigaretta e altri detriti che gli umani lasciano sulle rive del nostro fiume. I miei piccoli compagni insetti si rallegrarono di apprendere che alcuni esseri umani lottano per un maggior rispetto della natura, cercando di non gettare quasi nulla, di sostituire i combustibili fossili e l’energia nucleare con quella che riceviamo dal sole, dal vento e anche dall ‘acqua che convertita in energia elettrica può anche produrre l’idrogeno che è un combustibile molto più pulito di tutti quelli derivati dal petrolio.

 

Restavano perplessi dal paradosso mostrato da alcuni di questi bipedi vestiti, che preferiscono rischiare con il nucleare e il carbone, piuttosto che ascoltare il suono del vento o nascondere le loro belle tegole dietro un pannello solare.

 

I tricotteri sanno che il mondo animale è fatto di prede e predatori. Questa è la vita. Questa è la catena alimentare, necessaria per l’equilibrio ecologico e non procede, a differenza del mondo degli uomini, con nessun calcolo perverso.

I tricotteri si nutrono di materia vegetale in decomposizione. Quindi, i miei compagni mostravano  una certa simpatia per gli esseri umani vegetariani o vegani, non capendo gli insulti che gli umani si fanno tra carnivori e vegani. Tra gli insetti, alcuni sono carnivori come le vespe perché lavorano per la natura come i nostri netturbini, altri sono vegani. Ma nessuno degli insetti pensa un attimo a dare la colpa ad altri per questi comportamenti registrati nei loro geni.  Lanciare degli anatemi rimane un sport che appartiene esclusivamente ai soli esseri umani.

In breve, trascorremmo dei bei momenti a chiacchierare, a filosofare e rosicchiare.

 

I tricotteri sono molto esigenti verso la qualità dell’ambiente acquatico. È per questo che gli scienziati usano anche la loro presenza, o la loro assenza, per misurare la pulizia o l’inquinamento dei fiumi ( lo fanno anche con altri invertebrati).

 

Ma da qualche tempo, la qualità dell’acqua non era buona: l’opacità era aumentata, l’ossigeno diminuito. La mia tribù organizò un incontro di tricotteri locali per discutere sul come affrontare questa situazione che minacciava la nostra sopravvivenza in questi luoghi. Fu quindi deciso di emigrare. Gli esseri umani fanno lo stesso quando le loro vite e la lora sopravvivenza sono minacciate. Cercai di spiegare che in un viaggio così pericoloso come il loro, la minaccia principale non era data dai predatori esterni, come la trota, ma dagli altri esseri umani stessi. E che quando finalmente arrivavano ​​sani e salvi, se mai arrivavano, trovano di fronte altri nemici, meno brutali ma piu insidiosi, che si chiamano  xenofobia, egoismo e indifferenza.

 

Così decidemmo di non ritardare più la partenza sfruttando la corrente del fiume. C’era poca acqua perche una diga sul fiume, situata prima del nostro posto, forniva alla gente della regione elettricità e formava un lago per nuotare e navigare. Mi sembrò che il viaggio sarebbe stato lento, e quindi lungo. E senza nessuna garanzia che più a valle, le condizioni di vita, e quindi la pulizia delle acque, sarebbero state davvero più soddisfacenti. Ma, non avendo scelta, partimmo.

Il viaggio si rivelò arduo e doloroso: alghe, abbondanti, acque opache , atmosfera soffocante e ricerca di cibo difficile. Persi tre dei miei compagni inghiottiti da una trota senza aver avuto il tempo di capire cosa gli stava succedendo. Le sponde erano piene di rifiuti di ogni tipo che attestavano la presenza di allegri umani epicurei ma tristi inquinatori.

Poi improvvisamente un enorme onda d’acqua arrivò su di noi con una velocità incredibile.  Era un’onda enorme, che portava tronchi d’alberi di diverse grandezze, strappando senza pietà le alghe sul fondo del fiume, portando via i rifiuti sulle spiagge, pulendo violentemente i ciottoli.

Mi lasciai andare. A volte sbattei la testa contro un ramo che pendeva al mio fianco, imbattendomi in diverse cascate. Una di queste cascate mi  apparse come un luogo che la mia memoria umana aveva ritenuto come fossero le cascate del Niagara. Stavo infatti attraversando il canale di scarico della piccola diga del lago di Pérolles in prossimità della bella città di Friburgo.

Poi ci fu il buio.

Arrossisco ancora oggi ad evocare quel momento.  Ero di nuovo Adalbert. Ero come la natura mi aveva consegnato al mondo 40 anni prima, cioè tutto nudo ma ora coperto di lividi, buttato, giacevo su una striscia erbosa che costeggiava la Sarine. Mi trovai al altezza del “Pont du Milieu”, vicino al centro storico di Friburgo. Provai a parlare ma non potei dire nient’altro che poche parole incomprensibili alle persone intorno a me.

Quel giorno del mese di settembre 2016, il produttore di energia elettrica che gestisce la diga di Rossens aveva deciso di aprire la diga e causare una inondazione importante per pulire e rivitalizzare il fiume Sarine sotto la diga.

Non potei spiegare come mi trovai su una sponda della Sarine, in città, nudo e borbottando, consegnato alla cortese attenzione dei soccorritori.

I miei ultimi ricordi umani erano la mia canna da pesca e una bottiglia di vino rosso quasi vuota. I miei ricordi di Caddis Mosca erano molto più completi e precisi.

Dopo alcuni giorni e un soggiorno all’ ospedale, ritrovai la mia casa nel piccolo edificio di periferia. Ma la mia vita era cambiata.

Accettai prontamente un lavoro come giardiniere al giardino botanico della città, cosa che prima, non avrei mai fatto.  Ora, ho scoperto nuovi comportamenti: riciclare i rifiuti, risparmiare l’acqua, utilizzare i mezzi di trasporto pubblici. Non pratico più la pesca ma sono contento di camminare, osservare, ammirare la natura. Controllo i miei acquisti per vedere se sono prodotti ecologici e con buone condizioni di lavoro per i produttori. Ho fatto amicizie sul lavoro e con i miei vicini.

Insomma, devo ammettere che non mi manca per niente la mia vita di prima.

Adesso posso raccontare la mia storia senza timore di essere preso per un pazzo. Ho fatto ridere i miei amici che mi congratulano per aver inventato questi eventi, aggiungendo che questo incidente, come lo chiamano, è stato utile per dissuadermi di forzare un po troppo sul vino rosso, pur riconoscendo alla bevanda il merito di aver stimolato la mia immaginazione e di avermi reso socievole.

Sorrido spesso. Mi sorprendo a volte a ridere con loro. Ma nel mio cuore, i miei ricordi di phrygane persistono e mi lasciano un grande dubbio e una domanda enorme:

 

E se tutto questo fosse stato vero …?

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